Il linguaggio del corpo può influenzare la prestazione sportiva?
Stando a quanto dicono alcune ricerche sull’argomento pare proprio di sì.
E può farlo in diversi modi.
Un primo modo riguarda l’influenza che esso ha su come gli avversari ci percepiscono.
Per esempio, un’interessante ricerca di Greenlees e colleghi del 2005, sui giocatori di tennis da tavolo, ha suggerito come il linguaggio del corpo sia un fattore importante nel fornire una prima impressione del proprio stato di forma agli avversari, che a sua volta influenza le loro aspettative di performance. I ricercatori notarono infatti che i giocatori che esibivano indicatori di un linguaggio del corpo “positivo” (nel senso di “orientato alla risoluzione del problema e non al suo evitamento”) come, ad esempio, la postura eretta ed il contatto oculare, durante le fasi di riscaldamento, fossero percepiti come più assertivi, più competitivi e più in forma rispetto agli altri. Inoltre, chi sapeva di dover affrontare questi giocatori percepiva di avere meno chance di batterli.
Un risultato simile è stato riscontrato anche nel calcio.
In un altro studio, i ricercatori Furley, Dicks e Memmert, notarono che rigoristi che esibivano una postura dominante (per posture dominanti si intende le posture che, come succede nel mondo animale per stabilire le gerarchie, portano a far occupare al corpo più spazio, ad espanderlo) erano percepiti come tiratori migliori rispetto a quelli che non lo esibivano. Questa percezione di competenza valeva anche al contrario, per i portieri: chi esibiva una postura dominante, secondo uno studio di Van der Kamp, veniva percepito dal potenziale rigorista come più grosso e ciò influenzava la scelta della direzione del tiro.
Ma non è tutto. L’effetto di un linguaggio del corpo dominante agisce non solo prima di battere il rigore, ma anche dopo: un’autentica espressione di vittoria (es. braccia alzate, petto in fuori, dimostrazione di aggressività in stile “whos’s the boss”) pare rinforzi anche lo spirito di squadra.
La comunicazione a livello non verbale risulta allora uno strumento molto potente che può influenzare sia la percezione degli avversari che quella di compagni e pubblico.
Ma (sorpresa!) anche la nostra stessa percezione di farcela! Infatti il linguaggio non verbale agisce a doppia mandata grazie al feedback somato-sensoriale, influenzando la regolazione ormonale.
Ci hanno pensato Carney, Cuddy e Yap in una ricerca del 2010 a confermarlo: persone che avevano assunto posture aperte e dominanti (simili a quelle di un gorilla pronto alla sfida) prima di affrontare una situazione di stress, reagirono meglio di quelli che non lo fecero. I ricercatori notarono che i partecipanti che avevano sperimentato le posture dominanti avevano incrementato i loro livelli di testosterone, diminuendo quelli di cortisolo (l’ormone dello stress), calibrando di conseguenza la percezione di sé verso un maggiore controllo della situazione.
Quindi ricapitolando, è stato confermato da diversi studi che il nostro particolare linguaggio corporeo può influenzare sia le percezioni che gli altri hanno di noi, sia la nostra stessa autopercezione, lavorando come un potente strumento di feedback nel determinare le prestazioni sportive.