Il potere strategico della gioia nello sport

Le emozioni hanno il grande potere di guidare le nostre decisioni e i nostri comportamenti. Creano degli stati d’animo che possono portarci lontano oppure non farci nemmeno partire. Si può dire che siano come una specie di carburante interno che, se usato con saggezza, può spingerci a fare cose incredibili.
Ma non solo, hanno anche il potere di comunicare agli altri come ci sentiamo, attraverso i fini meccanismi del linguaggio del corpo. Sono come le forme e i colori di un quadro, che possono ispirare in chi lo guarda le più diverse reazioni (rispetto a questo tema nello sport, puoi dare uno sguardo al mio post precedente, dove parlo di come vengono percepiti i linguaggi corporei degli avversari di gara) .

Proprio per questa doppia funzione è importante che ogni atleta sappia riconoscere le emozioni più utili per i suoi obiettivi e che impari a gestirle.
Per quel che mi riguarda, però, credo che l’emozione più strategica per una buona performance sia la gioia.
Per almeno 3 buoni motivi.

Motivo numero 1: è un’emozione dominante che può creare soggezione negli avversari!
Possiamo descrivere la dominanza, in contrapposizione alla sottomissione, come un atteggiamento interpersonale che manifesta un segnale di differenza di potere tra le persone. In natura è usato per definire gerarchie e status e si esprime attraverso un linguaggio corporeo che tende ad ampliare le dimensioni del corpo, a farlo più grosso.
La gioia, nel suo linguaggio corporeo, espande il corpo verso l’alto. La versione più spontanea e completa è infatti il tipico “salto di gioia” (ya-hoo jump).
In ambito sportivo, ci sono diversi studi (il più famoso è quello di Greenlees nel tennis da tavolo) che hanno dimostrato come gli atleti che esibiscono un linguaggio corporeo dominante vengano percepiti come più in forma, portando al ribasso le aspettative di successo degli avversari.
Anche la rabbia in realtà è un’emozione dominante (molti atleti la usano per caricarsi), ma è comunque un’emozione nata per favorire il superamento della frustrazione davanti a un ostacolo. In qualche modo chi comunica rabbia vuole dimostrare di potercela fare davanti a un pericolo. Una persona che dimostra gioia e rilassatezza, invece, comunica che è felice di mettersi alla prova perché sa di farcela.

Motivo numero 2: la gioia moltiplica i tifosi!
La gioia, per antonomasia, è un’emozione che crea simpatia e fortifica i legami. E’ fortemente legata alla dimensione della connessione: proviamo gioia quando sentiamo di essere connessi con qualcosa o qualcuno (al contrario della tristezza, che invece, è legata alla perdita di questa connessione) e per natura siamo più portati a fare amicizia con persone che veicolano questo tipo di emozione.
Nello sport, un atleta che conosce bene la dimensione affiliativa della gioia è Usain Bolt (nella foto), che la utilizza spesso per conquistare il pubblico attraverso i suoi comportamenti istrionici.
Anche la paura e la tristezza in realtà creano legami, ma come si può capire, l’utilizzo di queste emozioni prima di una gara non porterebbe dei buoni effetti!

Motivo numero 3: la gioia energizza il corpo!
Ogni emozione che proviamo è, per così dire, “incarnata”, ovvero provoca delle reazioni chimico/fisiche all’interno del nostro corpo.
Un bellissimo studio condotto da Lauri Nummenmaa e colleghi, con l’obiettivo di indagare quali sensazioni corporee fossero legate alle varie emozioni, ha portato alla costruzione di una vera e propria “mappa” emotivo-sensoriale.
In questa interessantissima mappa (che potete trovare su http://www.lescienze.it/news/2014/01/02/news/mappa_corporea_emozioni_percezione-1945453/) si può notare come la gioia sia l’unica emozione associata ad un miglioramento delle sensazioni su tutto il corpo.

Attenzione però, o voi che pensate di bluffare! Scimmiottare un comportamento di gioia finto potrebbe dare risultati nefasti. Un’emozione finta può essere infatti facilmente percepita come tale: questo succede perché il linguaggio corporeo di un’emozione costruita è tendenzialmente asimmetrico e sfasato temporalmente, col rischio che renda tutto terribilmente patetico.
Inoltre, verrebbe meno anche la funzione energizzante ed automotivante delle emozioni positive: se non si è realmente felici, il nostro corpo non solo continuerà ad “incarnare” le nostre reali emozioni, ma si dovrà sobbarcare anche dello sforzo dell’ostentazione!

Per questo è sempre meglio lavorarci su, possibilmente insieme a un professionista: con un adeguato training si può infatti imparare a gestire l’ansia delle gare affidandosi al potere strategico della gioia!

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